Savoia Marchetti S.55, semplicemente un mito
- Flying Legends
- 21 apr
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Parliamo di uno degli aerei più affascinanti e innovativi dell'aviazione italiana: il Savoia Marchetti S.55. Questo velivolo ha una storia ricca e avventurosa, che va dal suo prototipo fino alle imprese epiche di Italo Balbo.

Il Savoia Marchetti S.55 nacque dalla matita degli ingegneri Alessandro Marchetti e Pier Luigi Torre come risultato di un progetto ambizioso, volto a creare un idrovolante capace di voli transoceanici e di lunga durata. Il primo prototipo volò nel 1923, e subito si distinse per la sua struttura innovativa e le sue prestazioni sorprendenti. Dotato di due motori e di un innovativo design a doppio scafo, il S.55 era perfetto per le lunghe traversate sopra il mare ma, proprio il suo aspetto anticonvenzionale, ne decretò l’iniziale bocciatura da parte della Commissione ministeriale preposta all’adozione del nuovo aerosilurante da parte della Regia Aeronautica non ritenendo interessante “riprodurlo oltre il primo esemplare”.

Marchetti per fortuna non si diede per vinto, visto ciò che accadde negli anni successivi, ritenendo il suo progetto valido e meritevole di essere sviluppato: le capacità dell’S.55 furono dimostrate attraverso una lunga lista di record conquistati da Alessandro Passaleva, pilota collaudatore della Siai Marchetti, e dell’aeroplano venne realizzata una versione civile in grado di trasportare da 8 a 10 passeggeri che, a partire dal 1926, venne adottata dalle compagnie Aero Espresso Italiana e Società Aerea Mediterranea.

Il 13 febbraio 1927 Francesco De Pinedo, ufficiale dell’aeronautica e grande sostenitore dell’idrovolante, a bordo di un S.55 soprannominato Santa Maria in onore di una delle caravelle di Cristoforo Colombo, decollò dall’idroscalo di Cagliari per quello che sarebbe stato conosciuto come il volo dei “quattro continenti”: una traversata doppia dell’Atlantico ed un volo sul continente americano per raggiungere le nazioni con numerose comunità di emigrati italiani.

Sempre nel 1927 si concludeva la rocambolesca traversata atlantica compiuta dall’aviatore brasiliano João Ribeiro de Barros che, partito da Sesto Calende a ottobre dell’anno precedente a bordo di un S.55C modificato e battezzato “Jahù”, il 5 luglio arrivava finalmente a Rio de Janeiro.

Trascorse le grandi imprese individuali, il momento di grande gloria per l’idrovolante della Siai Marchetti arrivò con i voli di massa di Italo Balbo, giovane sottosegretario di Stato all’Aeronautica del Regno d’Italia e uno dei più famosi aviatori italiani. Nel 1928 e nel 1929 Balbo utilizzò il 55 per le sue famose crociere attraverso il Mediterraneo: i successi di questi voli diedero a Balbo la certezza che questo genere di imprese era la via giusta per elevare il prestigio dell’Italia nel mondo.

Di conseguenza, il 17 dicembre 1930 prese il via la crociera transatlantica Italia-Brasile conclusasi a Rio De Janeiro il 15 gennaio dell’anno successivo. La stampa mondiale celebrò l’impresa ed elogiò la preparazione professionale degli equipaggi e i progressi tecnici della aeronautica italiana; per la prima volta, infatti, l’Oceano Atlantico era stato attraversato da una formazione di velivoli.

Dopo il successo della crociera in Sud America, Balbo ideò una seconda trasvolata. La prima idea proposta da Balbo era quella di una circumnavigazione del globo, ma questa venne abbandonata per i costi e per la difficile situazione geopolitica nell’Estremo Oriente tra Cina, Giappone e Unione Sovietica. Si ripiegò quindi su un progetto più modesto ma egualmente importante sia politicamente che tecnicamente: la partecipazione di una flotta di 24 idrovolanti S.55 all’Esposizione Mondiale “Century of Progress” di Chicago. In onore della fondazione della Regia Aeronautica avvenuta nel 1923, l’impresa venne chiamata Crociera Aerea del Decennale.

“Non mi indugierò a descrivere l'S.55, la cui fama si è ormai consolidata nel mondo attraverso imprese leggendarie. Il bell’apparecchio è stato però ancora rinforzato e affinato per la nuova Crociera: è tutto muscoli, potenza e velocità”. Con queste parole Alessandro Marchetti descrisse l’ultima versione della sua creatura, lo S.55X, appositamente realizzato per la trasvolata del 1933. Mezzo ormai collaudato a dieci anni dal suo primo volo, la nuova versione venne dotata di motori da 18 cilindri a “W” Isotta Fraschini Asso 750 da 930 CV e vennero apportati notevoli miglioramenti nella strumentazione oltre ad una serie di affinamenti aerodinamici.

Nonostante una carriera gloriosa e costellata di successi e fama, l’unico esemplare di S.55 arrivato sino ai nostri giorni è lo “Jahù” brasiliano, esposto presso il Museu TAM, già Museu Asas de um Sonho, sito a São Carlos nello stato federale brasiliano di San Paolo e recentemente sottoposto ad un lungo ed accurato restauro con la collaborazione dell’Aeronautica Militare italiana.

In conclusione, il Savoia Marchetti S.55 non fu solo un aereo, ma un vero e proprio simbolo di avventura, innovazione e spirito pionieristico. La sua storia è un esempio di come l'ingegno e la determinazione possano spingere i confini dell'aviazione e aprire nuove strade per il volo umano.

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